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Incoerente Eternità

Pierre Restany (Alberti figlio del sole)

 

 


Ho sempre pensato che dipingere fosse progettare, progettare dei viaggi infiniti frammento per frammento attraverso lo spazio e il tempo del pensiero immaginario.
Ho sempre pensato che il pittore fosse lo scrittore della memoria, della memoria fisica sensuale-visiva.
Emilio Alberti sarebbe l'illustrazione sintetica di queste intuizioni mie. E' il giornalista del colore, è il viaggiatore-scrittore della mente , con la sola differenza che la dimensione di tempo che ci suggerisce Alberti sembra non avere ne' inizio ne' fine.
Si tratta forse di anni, ma piuttosto di anni luce.
Alberti è l'uomo dell'arcobaleno telegrafico, l'uomo che pensa il colore nel suo percorso lampo per il ricordo nato nel momento stesso dell'emozione o della percezione.
Questa pittura è alla ricerca istintiva dello spazio libero, dei buchi profondi, delle fessure, di tutte le aperture possibili.
La finestra ha avuto una dimensione speciale nel percorso albertiano, ma sempre come cornice, come pretesto formale al ritmo prepotente e irresistibile di un soffio spaziale, vento di libertà e vento di poesia.
Il colore per Alberti è il linguaggio del giorno e della notte, della luna e del sole. Il sole è anzitutto sorgente di luce, ma anche il sole è il corpo stesso della luce, la sua sostanza e la sua finalità. Non è a caso che sia il sole come tematica strutturale ad ispirare l'ultima serie di opere dell'artista.
Il sole come sostanza della luce si frammenta da sé in elementi anatomici: raggi, ombre sideree, pezzi di stelle o di comete, folgoranti apparizioni. Il sole si presta dunque ad un'operazione di chirurgia anatomica come ogni tipo di essere vitale. Tocca al pittore descriverci l'anatomia del sole e chiarire il mistero della luce attraverso le sue ombre, le sue angolazioni, e questo è un discorso pittorico fondamentale-elementare.
Emilio Alberti lo ha assunto con la grande semplicità che conviene all'essenzialità dell'argomento.

Pierre Restany

(dal catalogo pubblicato in occasione della mostra "INCOERENTE ETERNITA'"
Galleria Schubert, Milano e Galleria Il Salotto, Como, 1991. Ed. New Press, Como.)



 



D'Acqua e Terra

Elena Di Raddo

 

 

“Il tempo costituisce la condizione dell’esistenza del nostro “Io”, la nostra atmosfera vitale” ricorda Andrei Tarkovkij nel suo saggio Scolpire il tempo ed è una nozione complessa e sfaccettata: esiste infatti un tempo assoluto, che è uno stato - “la fiamma nella quale vive la salamandra dell’anima umana” - la cui esistenza è il suo incarnarsi nella pratica quotidiana. E’ quindi la misurazione del tempo, che l’uomo dai tempi più antichi - pratica attraverso l’osservazione delle stelle e la costruzione di strumenti scientifici, un aspetto fondamentale nella attestazione della sua esistenza. E’ a tale aspetto che si riferisce tutto il lavoro di Emilio Alberti, che nelle sue opere indaga proprio questa misteriosa ed affascinante dimensione dell’esistenza: quella, appunto, non del tempo contingente, incarnato nella soggettività e nelle azioni, ma del Tempo assoluto, nella sua dimensione di “atmosfera vitale”. Il soggetto delle opere di Alberti sono quegli strumenti inventati dall’uomo per misurare il tempo, come la meridiana, o per utilizzarlo nella verifica di condizioni fisiche come il pendolo di Foucault, che con la sua oscillazione misura il movimento terrestre.
Il conteggio del tempo attraverso la meridiana o il movimento del pendolo, è appunto un modo per sondarne l’esistenza, per testimoniare visivamente il susseguirsi delle ore e dei giorni. Le opere delle serie “Istanti” e “Tracce e segnali” - dipinti-scultura più simili ai bassorilievi che alle tele - astraggono dalla contingenza questi strumenti di misurazione facendoli diventare simboli stessi del Tempo. Le forme stesse di obelischi o piramidi e il modo particolare in cui viene trattato il colore, fanno pensare a reperti dell’antichità, al passato quindi dell’uomo.
La nozione di Tempo implica, del resto, anche quella di memoria e il suo trascorrere il passaggio da uno stato all’altro, da una condizione ad un’altra. In tal senso è come se l’artista nelle sue opere volesse bloccare il tempo, proiettandolo nel passato, definendone al contempo il suo implacabile trascorrere, dimostrato dallo stesso strumento di misurazione. I dipinti bloccano dei “momenti di stasi”- come li definisce l’artista stesso - che rappresentano i tempi soggettivi, ma che nell’insieme danno l’idea del Tempo assoluto.
Alcuni dipinti, inoltre, mostrano un altro elemento simbolico, accanto a quello della meridiana, il labirinto, che idealmente unisce alla dimensione temporale quella spaziale, dal momento che esso è prima di tutto un “luogo”, attraverso il quale è possibile penetrare, seguendo un percorso obbligato. Percorrere uno spazio definito è un’altra forma di misurazione del tempo. La figura del labirinto, inoltre, ha assunto progressivamente nelle opere di Alberti un’evoluzione: è diventata un cervello (Istanti IX) o un’impronta (Identità, Ego) rivelando come tale forma simbolica sia in realtà impressa nel corpo umano. Il tempo è dunque una dimensione che incide la sua presenza anche nell’organicità dell’uomo, trasformandolo nella degenerazione delle cellule, ma al contempo permettendone l’esistere.
In quasi tutti i lavori della serie “Istanti” e “Tracce e segnali”, dedicati alle meridiane e ai labirinti, appare un elemento verticale che taglia o trafigge la superficie, definendo emisferi diversi. Tale elemento è presente anche nella serie dei “Giochi d’acqua”, dove alcune aste trafiggono la superficie generando cerchi, spirali o increspature. Questo elemento, che sporge dalla tela, attivizza la superficie e la rende dinamica: svolge così la stessa funzione dell’obelisco o dello gnomone della meridiana innestando nell’immobilità dell’assoluto, il dinamismo degli istanti, la misurazione, quindi, del tempo. In questi dipinti dai toni azzurri illuminati da bagliori argento la funzione della luce, che è un aspetto fondamentale della ricerca pittorica di Alberti, è ancora più esplicita. I colori pastello accarezzano soltanto la superficie della tela, lavorata con stucchi, giocando con le increspature e lasciando emergere gli effetti cangianti e luminescenti della luce. L’immersione nello spazio della pittura risulta qui ancora più avvolgente e dinamica, estraniante e allo stesso tempo coinvolgente. Il Tempo, anche qui, si rende assoluto.

Elena Di Raddo

(dal catalogo pubblicato in occasione della mostra "D'ACQUA E TERRA"
Galleria Il Cubo, San Fedele Intelvi, 2008. Ed. D'Aran, Cernobbio.)



 



Tempo reale

Giorgio Seveso (Il "Tempo reale" di Emilio Alberti)

 

 

Come per un vasto e articolatissimo mosaico di segnali e di tracce, di indizi e di sintomi Emilio Alberti usa la pittura e la scultura, il gioco e l'impegno, il riso e la melanconia per raccontare al mondo, in forma di immagine, le sue meditazioni.
E' un compito difficile e insieme naturale che si è assunto. Difficile perché scomodo e talvolta ingrato. La sensibilità collettiva di oggi s'è ormai assuefatta a discorsi semplici, a livelli elementari dell'immaginazione. Ma è anche un compito naturale, perché in fondo è proprio questo il ruolo dell'artista in ogni tempo: è proprio questo il suo precario destino e insieme la sua scelta, in ogni momento rinnovati.
Un ruolo fino in fondo libertario, straordinariamente estraneo a qualunque regola, a qualsivoglia consuetudine, abitudine o tradizione comunicativa… Uno spazio di libertà fondamentale, fedele solo alle proprie ragioni, che a dispeto di ogni diffidenza è riuscito, e ancora riesce, a superare coraggiosamente gli opportunismi più diversi e i veti incrociati della Storia.
E, anche, il coraggio di questo quarantenne artista comasco è il coraggio senza remissione e senza giustificazione che appartiene ai poeti. Un coraggio obbligato, reso necessario dalla natura stessa della realtà che ci circonda. Un coraggio che si impone energicamente all'attenzione e che intriga, che coinvolge fino in fondo il riguardante non frettoloso, ppoiché come scriveva Paul Eluard, "la verità dei poeti è come la verità filosofica. Si impone con i fatti, con la vita, con la ragione senza compromessi: con la ragione ardente!".
Per dire di lui e del suo lavorodi questi anni, può essere di qualche chiarezza ricordare una citazione di Savinio, il pittore e scrittore fratello di Giorgio De Chirico, di cui Alberti ha spesso citato pensieri ed opere in occasione di mostre precedenti. "L'arte - scriveva - è la soluzione più felice al problema della felicità". E in un mondo come il nostro davvero l'utopia formidabile che stà dentro a quest'idea diviene più che mai d'attualità, più che mai "ardente". Le tessere del suo mosaico, insomma, dentro questo assunto, si compongono in un progetto riconoscibile, in un disegno palpabile e appassionato.
Ciò che egli viene realizzando nella solitudine del suo studio e dei suoi pensieri custodisce, più che una metafora, più che immagini stilisticamente o narrativamente definibili, il segno cospicuo e concreto di una serie di intuizioni laceranti. E' una suite di memorie e di idee, di oggetti, di forme e coloriche rispondono alla clamorosa e suggestiva messa in scena d'un gran spettacolo dell'animo.
Del resto, proprio come faceva Savinio, anche Alberti usa il mezzo della scrittura in parallelo alla ideazione e alla realizzazione manuale di queste sue opere. Anzi, direi che scrittura, pittura e scultura sono per lui parti uguali, o modi diversi ma equivalenti, dello stesso discorso recitativo: della stessa mise en scène di cui prima dicevo.
Come per una sorta di simultaneità di riflessione e di azione, l'immagine prende vita al centro d'una confluenza di stimoli e risposte immaginifiche, di memorie e di invenzioni che si concretizzano nell'intuizione che dà corpo alla rappresentazione visiva. (…)

Giorgio Seveso

(Dal catalogo pubblicato in occasione della mostra "TEMPO REALE",
a cura del Comune di Como Assessorato alla Cultura, Como, 1993, Ed. Nodo, Como).



 



Terre liqude

Michele Caldarelli

 

 

Toccando con mano l’innocenza della materia, sperimentandone infinite trasfomazioni, alla ricerca dell’impasto perfetto né troppo molle né troppo refrattario a ricevere impronta… così mi immagino Emilio Alberti all’opera, mescolando terra ed acqua in dosi calibrate, immerso nei propri pensieri, prefigurando le forme, compiutamente modellate, di quella materia che ora manipola stemperandone i grumi o addensandone la fluidità eccessiva. Il suo è un agire praticato in silenzio, attento all’eco di rêveries trascorse che nel suo studio si riversano dalle pareti sature di tele, tele ricche di argenti, trasparenze cilestrine, zampilli e gorghi generati da acque inquiete. Penetrando il suo immaginario creativo, scrosci e borboglii paiono ora mescolarsi al suono profondo dei forni che già accolgono il calore della fiamma... il fuoco, a breve, agirà come terzo elemento sui primi due (terra e acqua) mentre l’aria, quarto fra questi, in forma di lievito lunare asseconderà l’indurimento del composto. Nell’operatività fisica governata dal pensiero meditativo, sta la perizia di Emilio Alberti, assistita da una manualità in egual misura intrisa di poesia e capacità operativa. La stessa che gli permetterà, dopo aver modellato le forme, di pilotare anche la chimica dell’ossidazione nella fase finale della coloritura e smaltatura delle opere. Una grande vivacità di colori dai riflessi metallici e suggestive variazioni tonali ne saranno difatti il risultato. E’ così che, per Alberti, dal mesomorfismo incerto del primo impasto nasce ogni opera compiuta, la cui materia accoglie il fondersi di grandi sogni elementari articolandoli in brevi racconti enigmatici, quasi haiku, rapidi percorsi labirintici, facendoci talvolta anche ironicamente perdere in un bicchier d’acqua. Il nostro artista si esprime per immagini simboliche, mescolando natura e reminiscenze oniriche, coinvolgendo l’osservatore in dialoghi che si intrecciano secondo percorsi necessari quanto inaspettati, come in un virtuale cruciverba sostituendovi alle definizioni verticali e orizzontali l’incrociarsi di realtà e sogno. La certezza fisica delle opere si dilegua così come nuvole incerte nel cielo, come rocce fuse nel magma, terre liquide trasportate dalla corrente all’estuario dove l’acqua salsa rifluisce mescolandosi a quella dolce del fiume, ai confini del mare dalle profondità insondabili.

Michele Caldarelli

(dal DVD pubblicato in occasione della mostra "TERRE LIQUIDE"
Galleria Il Salotto, Como, 2009.)